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L’AQUILA – L’Abruzzo guida la classifica italiana del calo delle nascite, conquistando un primato tutt’altro che invidiabile. Nei primi sette mesi del 2025 i nuovi nati sono diminuiti del 10,2% rispetto allo stesso periodo del 2024. A rivelarlo è l’ultimo rapporto Istat “Natalità e fecondità della popolazione residente”, che tratteggia uno scenario demografico in forte deterioramento.

La regione segna la flessione più marcata del Paese, tallonata solo dalla Sardegna (-10,1%), entrambe ben oltre la media nazionale del -6,3%. Appena un anno fa il calo in Abruzzo era ancora contenuto (-1%), ma il trend si è rapidamente aggravato, mostrando un arretramento che sembra ormai strutturale.

Secondo l’Istat, le cause sono molteplici: meno popolazione in età fertile, instabilità economica e lavorativa, e soprattutto assenza di politiche durature a favore della natalità. Un mix che spinge sempre più coppie a rimandare – o a rinunciare del tutto – al progetto di un figlio.

Il numero medio di figli per donna è sceso da 1,12 nel 2024 a 1,04 nel 2025, sotto la media italiana (1,13) e lontanissimo dal livello di sostituzione generazionale fissato a 2,1. Anche la Sardegna resta ai minimi europei con appena 0,86 figli per donna.

Sul piano nazionale, il tasso di natalità si ferma a 6,3 nati ogni mille abitanti, con 369.944 nascite nel 2024, circa diecimila in meno rispetto al 2023. Nei primi sette mesi del 2025 i nati sono 197.956, 13mila in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: un segnale chiaro dell’accelerazione del declino.

Neppure il contributo delle famiglie straniere, che in Abruzzo rappresentano il 10,1% dei nuovi nati, riesce più a compensare la flessione tra le coppie italiane. In crescita invece i bambini nati fuori dal matrimonio (47,5%, contro il 43,2% della media nazionale). Si alza anche l’età media delle madri al primo figlio: 31,9 anni, un indicatore che racconta il progressivo rinvio della maternità.

Il quadro delineato dall’Istat va oltre le cifre: racconta di una crisi demografica profonda, che tocca dimensioni sociali, culturali e persino economiche. Senza un deciso cambio di rotta – con politiche attive per l’occupazione giovanile, servizi per l’infanzia e sostegni concreti alle famiglie – l’Abruzzo rischia di trovarsi, in pochi anni, con sempre meno bambini e una popolazione sempre più anziana.

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