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L’AQUILA – La crisi dello stabilimento Aura si trasforma in un vero e proprio incubo per i circa settanta dipendenti ormai senza salario da mesi. Le ultime notizie emerse nel doppio confronto di oggi – prima in Prefettura e poi tra i capigruppo del Consiglio comunale – delineano un quadro sempre più disperato: l’Inps ha respinto la richiesta di cassa integrazione ordinaria, motivando la decisione con l’incompletezza della documentazione inviata dall’azienda.

Una bocciatura che arriva come un colpo durissimo per i lavoratori, già provati da settimane di silenzio e incertezze. L’azienda, infatti, non ha più contratti attivi, non riceve nuove commesse e rischia persino il distacco delle utenze per morosità. Durante il vertice in Prefettura, uno dei rappresentanti della società ha persino ammesso di non avere più contatti diretti con la proprietà, un dettaglio che fa emergere la sensazione di una vera e propria “azienda fantasma”.

Aura era stata rilevata dalla Mival soltanto pochi mesi fa, ma della nuova gestione si sono presto perse le tracce. Lo aveva già denunciato pubblicamente l’assessore regionale alle Attività produttive, Tiziana Magnacca, che da settimane segnala l’assenza della proprietà ai tavoli istituzionali e chiede un intervento immediato delle autorità competenti.

L’unico spiraglio rimasto è la cassa integrazione straordinaria, un percorso però più lungo e complesso, che richiede il coinvolgimento diretto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Sul punto si gioca ora la partita politica: il sindaco Pierluigi Biondi, presente al vertice, ha ribadito la necessità di un impegno forte del Governo per salvare il sito produttivo e garantire tutele ai lavoratori.

Intanto il Consiglio comunale si prepara a una mossa corale: il presidente Roberto Santangelo, a nome di tutti i capigruppo, ha firmato un esposto alla Procura e proposto la convocazione di un consiglio straordinario dedicato alla vertenza.

I sindacati Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil continuano a chiedere interventi urgenti: «I lavoratori non possono più aspettare – hanno ribadito – serve una risposta immediata delle istituzioni prima che la fabbrica chiuda definitivamente le porte».

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