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L’AQUILA. È arrivata la resa dei conti per la maxi inchiesta sul concorso “pilotato” per entrare nella Guardia di Finanza. L’udienza preliminare, davanti al giudice per l’udienza preliminare Marco Billi, si è chiusa con un verdetto pesante: un’assoluzione, una condanna e ben 46 rinvii a giudizio.

Assolto Lucio Carifi, «perché il fatto non sussiste», mentre Francesco Romano, che aveva scelto il rito abbreviato, è stato condannato a otto mesi di reclusione con pena sospesa. Per gli altri imputati – tra cui due abruzzesi – il processo inizierà il 14 maggio 2026 alle 9.30.

A comparire davanti ai giudici saranno soprattutto candidati provenienti da Napoli, Benevento e Caserta, accusati a vario titolo di truffa, sostituzione di persona, falso in atto pubblico e introduzione indebita in luogo militare.

Il concorso sotto accusa

L’inchiesta, coordinata dal pm Stefano Gallo e avviata nel 2022, ha acceso i riflettori sul concorso del giugno 2019 per l’ammissione alla Scuola ispettori e sovrintendenti della Guardia di Finanza di Coppito (L’Aquila).
Secondo l’accusa, diversi candidati avrebbero pagato terze persone per sostenere l’esame al loro posto, garantendosi così un vantaggio illecito e un posto nella graduatoria grazie a un vero e proprio sistema di sostituzioni e documenti falsi.

Le difese: “Nessuna violazione della sicurezza dello Stato”

Non tutte le posizioni, però, sono considerate uguali. L’avvocato Bernardo Scarfò, difensore di Luciano Cantone, oggi iscritto all’università, contesta la sussistenza dei reati più gravi:

«Il reato di introduzione clandestina in luogo militare – spiega – tutela la sicurezza dello Stato. In questo caso, non si può parlare di un’intrusione finalizzata a carpire informazioni sensibili, ma di una condotta che, pur censurabile, non ha nulla a che vedere con la difesa nazionale».

Lo Stato chiede il conto

Nel frattempo, la Guardia di Finanza e il Ministero dell’Economia e delle Finanze si sono costituiti parte civile, chiedendo un risarcimento non solo per i danni economici subiti, ma anche per il grave danno d’immagine.
L’eco mediatica della vicenda, infatti, ha scosso l’opinione pubblica e rischia di minare la fiducia dei cittadini in una delle istituzioni più sensibili e rispettate del Paese.

(Fonte: Il Centro)

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