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Una vittoria netta per la tutela della fauna selvatica: il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo ha accolto il ricorso presentato da LNDC Animal Protection e Stazione Ornitologica Abruzzese, sospendendo la parte del calendario venatorio 2025/2026 che prorogava la caccia ai tordi fino al 31 gennaio.
La decisione del TAR riporta la chiusura al 10 gennaio, in linea con le raccomandazioni scientifiche di ISPRA e con i criteri europei di conservazione.

La scienza prevale sulle pressioni politiche

Secondo i giudici amministrativi, la Regione Abruzzo ha esteso il periodo di caccia senza alcuna giustificazione scientifica, ignorando il parere tecnico di ISPRA. L’istituto aveva infatti chiarito che dalla seconda decade di gennaio inizia la migrazione prenuziale delle specie coinvolte — Tordo bottaccio, Tordo sassello e Cesena — periodo in cui le normative europee impongono la cessazione dell’attività venatoria per evitare di colpire individui pronti alla riproduzione.

Un impatto diretto sulla conservazione

In Abruzzo ogni anno vengono abbattuti decine di migliaia di tordi: anticipare la chiusura della caccia di venti giorni può salvare migliaia di esemplari adulti, essenziali per la sopravvivenza delle popolazioni.
Gli esperti ricordano che anche piccole variazioni nel calendario venatorio possono avere effetti rilevanti sulla demografia delle specie, come dimostrato dal caso della tortora selvatica, la cui riduzione di prelievo ha già favorito un iniziale recupero.

La decisione del TAR

La sentenza, che sarà discussa nel merito nel marzo 2026, non solo sospende l’illegittima proroga, ma condanna la Regione Abruzzo e la Federazione Italiana della Caccia al pagamento di 2.000 euro di spese legali, riconoscendo la fondatezza delle motivazioni delle associazioni.

Le reazioni delle associazioni

“È una decisione di grande rilievo perché riafferma il principio che la gestione della fauna deve basarsi su criteri scientifici e non su pressioni politiche o interessi di parte. Ancora una volta la Regione ha cercato di forzare la mano, ma la legge e la scienza ci hanno dato ragione”, ha commentato Michele Pezone, Responsabile Diritti Animali di LNDC Animal Protection.
Sulla stessa linea Augusto De Sanctis e Massimo Pellegrini della Stazione Ornitologica Abruzzese, che denunciano la mancata raccolta dei dati e il carente monitoraggio faunistico da parte della Regione:
“Nonostante gli impegni presi con la Valutazione Ambientale Strategica del Piano Faunistico Venatorio, la Regione continua a ignorare le proprie lacune e ad adottare decisioni anti-scientifiche solo per compiacere il mondo venatorio”.

Un messaggio per tutte le Regioni

Le associazioni sottolineano che questa decisione rappresenta un precedente importante: la tutela della fauna è un obbligo di legge, non un’opinione politica.
“La caccia non può prevalere sul diritto alla conservazione e sul rispetto degli equilibri naturali. Continueremo a vigilare e ad agire in ogni sede per impedire nuovi abusi”.
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