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L’AQUILA – «Non volevano essere martiri né eroi. Forse non erano nemmeno partigiani nel senso pieno del termine. Erano semplicemente giovani che resistevano: all’occupazione, alla violenza, alla guerra, all’ingiustizia». Così Fulvio Angelini, presidente dell’Anpi L’Aquila, ha ricordato i Nove Martiri davanti alla lapide che li celebra nell’omonima piazzetta del centro storico.

Era il 22 settembre 1943, ottantadue anni fa. Un gruppo di ragazzi aquilani si incamminò verso Collebrincioni insieme ad altri coetanei: c’era chi portava un’arma, chi cercava solo di sottrarsi alla leva forzata con gli occupanti, chi voleva unirsi alle prime bande partigiane. Ma il rastrellamento tedesco li sorprese. Alcuni riuscirono a fuggire, altri vennero catturati. Nove di loro, trovati armati, furono condannati a morte e costretti a scavarsi la fossa alle Casermette. Lì vennero fucilati il giorno seguente: oggi un monumento ne ricorda il sacrificio.

Le celebrazioni di quest’anno hanno toccato i luoghi simbolo della memoria: dal cimitero, al memoriale delle Casermette – con la presenza del sindaco Pierluigi Biondi e dei familiari di Teo Alleva e Carmine Mancini giunti dalla Sicilia – fino a piazza IX Martiri e all’Itis, la scuola frequentata da alcuni di quei giovani, che avevano tra i 18 e i 23 anni.

Ma, come ha ricordato Angelini, la memoria non è mai neutra: dipende dalle domande che le generazioni successive sanno rivolgerle. E le domande di oggi non possono che intrecciarsi con un presente segnato da guerre e conflitti. «Da quella storia leggiamo una grande lezione di coraggio e la capacità di scegliere – ha sottolineato Angelini –. Quei ragazzi scelsero la libertà, la pace, il vero patriottismo. Oggi essere alla loro altezza significa sapere scegliere da che parte stare di fronte ai massacri, ai genocidi, alle guerre, alle violenze, al razzismo e alle discriminazioni. Essere partigiani della libertà e della democrazia è il modo migliore per raccogliere il loro testimone».

Un appello forte alla responsabilità è giunto anche da Fabio Frullo, in rappresentanza della municipalità: «Quei giovani vennero trucidati il 23 settembre 1943 perché non accettarono l’ingiustizia. Ricordarli significa ricordare che la democrazia non cade dal cielo: va difesa ogni giorno, per le strade e nelle istituzioni. È un dovere che abbiamo verso di loro e verso la nostra città».

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