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All’ospedale San Salvatore di L’Aquila è stato eseguito il primo trapianto di rene in Abruzzo con donatore vivente e gruppi sanguigni non compatibili. Un uomo ha donato il rene alla moglie, superando quello che fino a pochi anni fa era considerato un ostacolo insormontabile.

Si tratta di un intervento raro, praticato solo in pochi centri altamente specializzati in Italia, che apre nuove prospettive a molte famiglie nelle quali un congiunto disposto a donare non era compatibile dal punto di vista immunologico.

Grazie a moderne terapie e a un’attenta preparazione, oggi l’incompatibilità dei gruppi sanguigni può essere superata. L’operazione, eseguita nei primi mesi dell’anno, si è conclusa con successo: già subito dopo il trapianto le condizioni della coppia erano buone e oggi entrambi godono di ottima salute, con una funzione renale perfettamente nella norma.

Il cosiddetto trapianto AB0-incompatibile rappresenta una risorsa preziosa: riduce i tempi nelle liste d’attesa e amplia le possibilità di accesso, affiancandosi ai programmi di scambio tra coppie donatore-ricevente e ai donatori samaritani.

Interventi così complessi sono resi possibili da trattamenti “desensibilizzanti” che eliminano gli anticorpi del paziente, tramite processi come la plasmaferesi, e ne limitano la produzione.

Il successo è frutto di un lavoro di squadra che ha coinvolto diverse équipe: i chirurghi guidati dal professor Fabio Vistoli, i nefrologi diretti dalla dottoressa Marilena Tunno, gli immunogenetisti coordinati dal dottor Franco Papola, gli anestesisti del professor Franco Marinangeli, i trasfusionisti diretti dalla dottoressa Anna Rughetti, i medici di laboratorio della dottoressa Patrizia Frascaria, oltre agli infermieri e al personale di supporto del blocco operatorio e della degenza post-trapianto, sotto il coordinamento del Centro Regionale Trapianti diretto da Daniela Maccarone.

«Questo intervento – ha dichiarato il manager della Asl Avezzano-Sulmona-L’Aquila, Paolo Costanzi – dimostra che, investendo nella formazione avanzata del personale e nella collaborazione tra reparti, è possibile offrire cure di eccellenza, ridurre i tempi d’attesa e migliorare concretamente la qualità di vita dei pazienti».
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